Incontro con Vera Gheno in Aula Magna

Incontro con Vera Gheno in Aula Magna

Giovedì 4 Aprile si è svolto nell’aula magna l’incontro con la sociolinguista e professoressa universitaria Vera Gheno, dove tramite l’introduzione di uno dei suoi libri, “Potere alle parole: perché usarle meglio”, si è mostrata disponibile per rispondere ad alcune domande fatte dagli studenti. All’inizio delle due ore, Gheno parla del suo rapporto con la scuola, sia in quanto professoressa, sia come ospite.

 

Quale sarà il futuro della lingua italiana?

Non avendo la palla di cristallo non posso prevedere il futuro della lingua italiana, però posso dire che da quando studiavo io ad oggi sono nati nuovi termini molto usati soprattutto dai giovani, inoltre non è da escludere l’influenza di forestierismi, che già in passato cambiarono e crearono nuove parole che ora sono di uso comune tra noi italiani. Quindi, quello che mi aspetto sia una costante evoluzione della lingua italiana, che non va vista come una cosa negativa. 

 

Considerando che personaggi di spicco come i politici basano molto del loro seguito sulle parole, secondo lei la lingua è davvero una lingua così potente?

Assolutamente sì, le parole hanno un forte potere manipolatorio sulle persone, per questo molti politici ne fanno uso. Un esempio può essere il termine di “Utero in affitto”, che mantiene lo stesso significato se lo si chiama “Gestazione per altri”, ma il peso che hanno le parole è molto differente. Nel caso della Gpa, non vi sono giudizi, descrivendo brevemente di cosa si tratta; con Utero in affitto invece, si sta dando una posizione sull’argomento. Tanto per cominciare, si riduce la donna esclusivamente al suo organo riproduttivo; seconda cosa inoltre, sto sottolineando un passaggio di soldi. Quindi, io con questi due termini sto descrivendo la stessa cosa, ma in un caso sto denotando, quindi descritto e basta, mentre nell’altro sto connotando, quindi vi faccio passare sottobanco anche un giudizio, in questo caso negativo. Un altro esempio è il termine “Pro Life”, usato dalle persone contrarie all’aborto, che fanno passare invece le persone favorevoli come delle persone “Pro morte”. Questo ci dimostra che siamo circondati di connotazioni, che hanno sicuramente un impatto sulle persone.

 

Perché i giornali usano così male il loro potere?

Nel momento in cui devi vendere un prodotto, devi fare in modo che esso sia appetibile, e anche i giornali sono diventati un “prodotto”. I giornalisti invogliano a cliccare sul titolo, per far partire la pubblicità. Il giornale dovrebbe mettere al primo posto la notizia, ma quando si inizia a parlare di soldi, quel principio viene leso. Il motivo dei finanziamenti pubblici ai giornali è proprio per evitare il problema del dover vendere.

 

Cosa ne pensa dei pregiudizi inconsci e della xenofobia istintiva nelle persone?

Quando riconosciamo una persona come “altra” da noi, soprattutto quando si presenta come diversa, si attiva una sorta di parte biologica istintiva nell’essere umano che porta a vedere quella persona in maniera negativa. Gli esseri umani, come gli animali, sono omofili, quindi tendono a stare in gruppo con persone simili a loro e xenofobi, quindi spaventati dal “diverso”. La paura però ogni tanto rischia di sfociare nell’odio, nel fastidio. Questa cosa è biologicamente provata, che dimostra che gli esseri umani sono degli animali ancora molto tribali. Però questo “picco di razzismo” dura mediamente un terzo di secondo nelle persone, dopodiché parte il lato più ragionevole del nostro cervello, che inizia a pensare con raziocinio e fa abbassare la guardia.

 

Secondo lei i libri verranno mai sostituiti completamente da film?

Penso di no, in quanto sono media diversi che rispondono a bisogni comunicativi diversi che abbiamo. Io sono una grande appassionata di serie tv, in quanto le trovo molto sul pezzo. Quando do consigli ai genitori per capire meglio le “Nuove generazioni”, consiglio loro delle serie tv, non dei libri. Però, ad esempio, ultimamente si parla molto della serie tv “Il problema dei 3 corpi”, una storia di fantascienza che è stata fatta sotto produzione americana basata su una serie di romanzi cinese di questo scrittore chiamato Liu Cixin. Mi hanno parlato piuttosto male della serie americana, perciò mi son recuperata i libri e li ho trovati molto belli, quindi sono molto felice di aver preferito leggere i libri piuttosto che guardare la serie. Quindi, a mio parere il film serve in certi momenti, il libri in altri. Ci sono certe volte in cui sento più bisogno di leggere piuttosto che guardare dei film. Per esempio, io non sopporto la visione della violenza, i film splatter o di guerra non riesco a vederli, però leggere libri su quegli argomenti invece mi piace molto. Quindi, dipende come qualcuno vuole vivere l’esperienza. Non penso che i due tipi di comunicazione che lasciano i libri e i film corrispondano.

 

Come mai ha deciso di fare la sociolinguista?

In realtà io ho deciso di fare la sociolinguista perché ho fallito gli studi per diventare ingegnera. Io volevo fare ingegneria per l’ambiente e il territorio perché avevo il mito di “salvare le foche”, quindi volevo fare la eco attivista. Purtroppo però sono arrivata all’università con troppa sicurezza e dopo un anno e mezzo con un esame dato, ho capito che ingegneria non faceva per me. Mi sono iscritta dunque a lettere con zero interesse, ma tra tutte le materie mi sono innamorata della materia meno linguistica della linguistica, perché la sociolinguistica è alla fine una scusa per studiare le persone. Quindi quello che mi ha portato a fare il mio mestiere è tutto quello che non aveva a che fare con la grammatica.

 

Quale consiglio darebbe a chi non sa che università fare o che futuro intraprendere?

Questo è un tema molto grande. Io sono andata ad ingegneria, oltre per il motivo delle foche, perché credevo di potercela fare dato i miei ottimi precedenti scolastici. Lettere è stata veramente la scelta di ripiego, quando ho fallito ingegneria io non avevo un “Piano B”, è arrivato solo poi, vivendo. Quindi mi sento di dire di non fare l’università controvoglia ma piuttosto andare a lavorare con voglia, dato che l’università non è l’unica cosa che dà un senso alla vita. Nell’università in cui insegno io, vedo che molti la usano come un modo per avere ulteriore tempo per fare altre scelte, come se allungassero il tempo per capire cosa vogliono fare nella vita. Poi vi è la visione di molti genitori, ovvero quella di fare la laurea professionalizzante per trovare un lavoro. Io sono dell’idea che qualcuno dovrebbe piuttosto studiare quello che gli interessa davvero, altrimenti l’università diventa un’agonia. Poi magari il cuore potrebbe dirti che non si è portati per l’università. Sul lavoro dico una cosa: non c’è nulla di male nel lavorare. C’è la credenza popolare che se non fai l’università sei un fallito, beh, non è vero, però è vero che l’università ti dà degli strumenti in più che ti tornerebbero sicuramente più utili avanti nel tempo.

 

Lei come percepisce il cambiamento?

Per questa bellissima domanda voglio citare i maestri Subsonica con “Sono cambiamenti solo se spaventano”. Il cambiamento è spaventoso, ma secondo me è vita. Sono sempre stata una persona che ha scelto il cambiamento anche se passava da un trauma, come cambiare lavoro, il divorzio, ecc… Quando ho avuto dei dubbi invece, ho fatto delle cose un po’ estreme che mi servivano per ricordarmi che non tutto è controllabile. Per esempio, per i miei 40 anni mi sono lanciata col paracadute.

 

Secondo lei gli stranieri che arrivano in Italia possono influenzare la lingua italiana?

Io spero che lo facciano! Anche perché la lingua italiana non è un santuario, ma è sempre stata una spugna che assorbe molto dalle altre lingue. Un tempo non si sapeva cosa fosse ad esempio il Ramadan, mentre adesso tutti lo sappiamo cos’è, anche se non tutti lo accettano. Per me è fondamentale che la lingua italiana venga influenzata e arricchita dalle lingue straniere. Quindi sì, gli stranieri che arrivano in Italia influiscono sulla nostra lingua, ma arricchendola, non c’è di certo una perdita con ciò.

 

Dato che lei ha viaggiato molto, ha mai notato delle differenze di ideologie mentali o delle somiglianze inaspettate tra varie culture?

Io giro tantissimo il mondo e paese che vai e ideologia che trovi. Per esempio, io sono una piuttosto alta e in certi paesi può essere davvero un pregio. In passato andai a Dubai con mio ex marito, che ha una pelle molto scura essendo meridionale. Usciti dall’aeroporto ci approcciò un emiro chiedendo a mio marito quanto cammelli voleva in cambio per me. Alla motivazione mi disse “Perché sei enorme!”. Com’è risaputo, da noi, dire ad una donna che è “enorme” non è di certo un complimento, ma da loro invece era un immenso pregio. Ora, questo si tratta di un caso estremo, ma anche soltanto uscendo dalla nostra città si possono notare delle differenze ideologiche o culturali.

 

E questa forte diversità culturale presente in Italia secondo lei ha aiutato le relazioni estere?

Dipende, in quanto noi siamo storicamente un popolo di migranti. Una cosa che ho notato è che ovunque si vada nel mondo, si trovano sempre degli italiani. Quindi, noi abbiamo la vocazione di andare in giro e quindi anche apprezzare la diversità, però secondo me negli ultimi tempi ci siamo un po’ chiusi mentalmente, per molti motivi diversi. Ci siamo dimenticati che noi, a nostra volta, abbiamo emigrato moltissimo e questo mi dispiace moltissimo. Ora facciamo molto i gradassi con i migranti che adesso vengono qui quando noi siamo stati ovunque nel mondo

 

Da cosa può essere dovuta questa ideologia conservatrice insorta negli ultimi anni?

Da paura. Paura di perdere cose che si hanno. Per esempio, quando si parla dell’allargamento dei diritti delle persone, chi ha quei diritti pensa che stia subendo una perdita di quei privilegi. Un esempio è il caso dei matrimoni omosessuali

 

Da dov’è venuto il nome del libro “Potere alle parole”?

Ovviamente è molto ispirato dal motto “Potere al popolo”, ma vuol dire anche che le parole ti danno un potere, personale e all’interno della società. Pensa che differenza avrebbe avuto “Il potere delle parole”, molto più didascalico, quasi didattico. Mentre il fatto che sembrasse qualcosa di urlato mi piaceva molto. Però non è semplice trovare il titolo di un libro, per esempio ne sto scrivendo uno in questo periodo e ci siamo arenati col titolo.

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